Testimonianza in una poesia di Gianluca Pistilli
LA DIMENSIONE DELL’ALBA
Me ne stavo lì, da solo,
accovacciato, infreddolito e muto.
Il gelo aveva spezzato tutte le parole.
La mia fronte baciava i sampietrini della piazza,
saliva colava a terra, mescolandosi con le lacrime.
D’inverno, questo dolore era una lastra di ghiaccio,
dura e raggelata nel cuore.
Privo di forze, in questi vicoli, ho gridato il tuo nome.
-
Gridavo, e gridavo. Le mie mani, con dita intirizzite,
cercavano il tuo volto.
-
Ho pensato di non farcela.
Ormai assopito, coi piedi e la testa tremanti,
gli occhi semichiusi, guardavo la mia debolezza
e la ferita sopraffarmi.
Quasi mi addormentai…
-
quando alcune foglie, di un colore verde, vivido,
mi apparvero davanti.
Queste foglie fresche, lucide, avevano un’aura d’oro intorno.
Sbattei le palpebre, e le foglie erano lì, ancora.
Facevano parte di una fronda, ampia, larga, che emanava una luce particolare.
-
Cos’è questa fronda? Scosto lo sguardo…
e poco più in là si erge un albero
maestoso,
il tronco largo, massiccio, robusto,
pieno di nodi.
Il fusto si eleva in alto e rami vigorosi, energici, sorreggono le fronde.
Quest’albero, circondato di un bagliore d’oro.
-
L’atmosfera è tiepida, il freddo ai piedi e alla testa è svanito.
“Che giorno è? Dove sono?”, mi chiedo.
C’è qualcuno, ai piedi dell’albero.
Una figura slanciata, che emana potenza, freschezza e vita.
Mi chiede: “Che cosa vuoi che ti faccia?”
-
Io, senza voce, rispondo:
“Vorrei che questa primavera, e questo tepore
fossero eterni”.
Lui allora mi chiede: “Credi tu che sia possibile?”
Io sussurro: “Sì”.
-
L’uomo mi tende la mano, inondata di luce.
“Ecco, l’inverno è passato, il tempo delle piogge è finito, se n’è andato”,
dice.
“E questa primavera, nel tuo cuore, sarà piena.
Gioisci e rallegrati!
Ora sei guarito e hai visto
la dimensione dell’alba
che non conosce tramonto.
-
Spiegazione della poesia di Gianluca Pistilli
La dimensione dell’alba comincia con il dolore dell’esistenza. La sofferenza della vita che tutti gli uomini sperimentano, nascendo e vivendo in un mondo spezzato, segnato dalla corruzione e dal male. Il dolore è duro, pungente, brutale. Marchiato a fuoco nella realtà.
In questo palcoscenico comune e sovente solitario, il poeta cerca una via d’uscita. Ormai stremato delle forze, lancia un grido a Dio. A quel Dio che si definisce onnipotente, il solo e unico capace di salvare. In fin dei conti c’è forse qualcun altro o qualcos’altro che potrebbe salvare l’uomo? Se Dio esiste, è anche un Dio in grado di operare potenti miracoli e di trarre in salvo gli esseri umani dallo stato di miseria e degradazione in cui nascono.
Essendo invocato con tutto il cuore, Dio si rivela. Lo fa con una visione maestosa, stagliata nella luce e nei colori di una dimensione altra, scevra di corruzione ma colma di integrità e bellezza. L’albero dalle fresche vivide fronde segna la vita piena, pacifica e prospera che a questo mondo appare sconosciuta. L’albero della vita, proibito all’uomo sin dai tempi della cacciata dall’Eden, si spiega in tutta la sua magnificenza e pienezza.
Il freddo che ghiaccia la testa e i piedi sparisce. L’atmosfera è tiepida e benevola. E una figura si innalza alle pendici dell’albero: è Cristo, Dio che si incarna in un uomo per venire incontro alla nostra miseria e impotenza, salvandoci. “Che cosa vuoi che ti faccia?”, chiede.
È proprio qui che il miracolo dell’amore e della vita si sostanzia. Il poeta rimane senza voce nell’accettare l’incredibile offerta di guarigione, di ristabilimento, di bellezza. Incredibile, perché a questo mondo le cose meravigliose sono incredibili. Ma esistono, se soltanto si hanno occhi per vedere, orecchie per udire e un cuore disposto ad ascoltare.
Questa possibilità fa divampare un fuoco che riscalda e dà speranza. E la speranza non significa soltanto “sperare”. Significa anche conoscere e sperimentare assaporando. Camminare a piedi nudi immersi nella verità e nella bellezza dello Spirito, dell’alba eterna.
Che bisogna pregare di poter scoprire, altrimenti si rimane persi.